Storia delle Arti Marziali Asiatiche
Dalle origini alla fondazione del Tempio Shaolin
Introduzione alle origini delle arti marziali
Le origini delle arti marziali sono antiche e complesse e sono oggetto di dibattito tra gli studiosi. Alcuni ritengono che le prime forme di combattimento stilizzato si siano sviluppate in Mesopotamia e abbiano raggiunto l’Oriente attraverso la Via della Seta. Tuttavia, le culture marziali si sono sviluppate in modo indipendente in diverse parti del mondo e si sono influenzate reciprocamente attraverso lo scambio culturale.
Ad esempio, alcune ricerche suggeriscono che l’antica Mesopotamia abbia visto lo sviluppo di tecniche di combattimento che poi si sono diffuse verso l’Oriente. Allo stesso modo, l’India ha un’importante tradizione marziale, come il Kalaripayattu, considerato uno dei più antichi stili di combattimento del mondo. Queste influenze si sono propagate lungo la Via della Seta, un antico network di rotte commerciali che collegava l’Oriente e l’Occidente.
Di questo abbiamo già parlato alla pagina “La Storia delle Arti Marziali”, adesso invece ci concentreremo sulla storia delle arti marziali asiatiche.
Huangdi, l'Imperatore Giallo e lo studio del Jiaodi
Tra le leggende più attendibili c’è quella che fa risalire la nascita delle arti marziali asiatiche nel III millennio avanti Cristo. In quell’epoca regnava il leggendario Huangdi, l’Imperatore Giallo, considerato il progenitore dei Cinesi, che fu il primo a studiare una sorta di combattimento a mani nude denominato Jiaodi, in cui i combattenti come tori si caricavano con la testa indossando “elmi cornuti”. Le truppe di Huangdi utilizzarono questo metodo di combattimento intorno alle ultime decadi del 2600 a.C., vincendo quella che è conosciuta come la battaglia di Zhuolu, per respingere la minaccia d’invasione da parte della tribù Jiuli, guidata da Chiyou.
Poco tempo dopo (alcune fonti sostengono una cronologia inversa), le truppe dell’Imperatore Giallo affrontarono, uscendone di nuovo trionfanti, le truppe dell’Imperatore del Fuoco, Yang Di, nella battaglia di Banquan. Tuttavia, parte dei racconti sul leggendario imperatore è considerata, con molta probabilità, di derivazione mitologica, ma è certo che, nonostante l’epoca imperiale gialla sia lontana nel tempo, l’impostazione socio-culturale cinese risente tuttora della condotta illuminata di Huangdi.
Monaci studiosi del V secolo a.C. riferiscono che ancor prima del regno dell’Imperatore Giallo, esisteva un metodo di esercizi e tecniche di respirazione specifici per la salute del corpo, per la prontezza della morte e la tranquillità dello spirito, forse alla base delle pratiche tuttora proprie delle religioni del Medio Oriente, oltre a essere fondamentali negli esercizi yoga e in quelli cinesi per la longevità, anticipavano probabilmente quelli che sarebbero diventati in seguito i princìpi del taoismo che saranno alla base degli stili interni del wushu.
Origine del taoismo e prime fonti storiche
Fonti storiche più precise risalgono dall’XI al III secolo a.C., periodo in cui regnava la dinastia dei Zhou. Nel periodo dal V al III secolo a.C., la Cina era suddivisa in piccoli stati in continua lotta fra loro, è la cosiddetta epoca degli “Stati Combattenti”.
Importante in questo periodo è la nascita del Buddhismo nel 560 a.C. per opera del principe Siddharta Gautama Buddha in India, che ha influenzato in modo radicale le scuole di India, Cina e Giappone.
Nel corso della dinastia Zhou visse Confucio (551-479 a.C.), il grande maestro del pensiero cinese, che, intorno al 500 a.C., esortava i giovani a praticare, oltre agli esercizi spirituali e allo studio, anche la pratica degli stili di combattimento come il tiro con l’arco, la scherma, la corsa con i carri e il pugilato, chiamato con diversi nomi: Wuni, Jiji, Jini, ecc.
Nello stesso periodo nacque anche Laozi (Lao Tze), detto “il vecchio”, autore del Daodejing (il titolo dell’opera si può tradurre come “il classico della Via e della virtù”), considerata un’opera d’immenso valore culturale, che copre campi che vanno dalla filosofia, alla spiritualità individuale, alle dinamiche dei rapporti interpersonali. Il taoismo e l’arte del combattimento furono influenzati dal suo pensiero, legandosi così indissolubilmente a principi mistici ed esoterici quali la meditazione, la medicina tradizionale e l’alchimia. La medicina cinese, la religione taoista, con la sua ricerca della longevità e dell’immortalità, e le arti marziali si svilupparono, da allora, sempre a stretto contatto l’una con l’altra.
All’epoca di Laozi e di Confucio, le arti marziali nobili erano: il tiro con l’arco e l’equitazione. Si trova comunque traccia, in questa epoca, di un’arte praticata dalle caste nobiliari e da certi monaci (per ragioni evidenti, di protezione durante i loro pellegrinaggi, ma anche per ragione di certi insegnamenti taoisti, secondo i quali, la concentrazione poteva essere favorita dalla pratica costante di certi esercizi fisici).
Il tao è un’antica filosofia, che possiamo definire, superficialmente, nel seguente modo: nel corpo umano, l’energia primordiale, o energia pre-natale, che nella sua forma naturale presiede alla conservazione della specie e dell’individuo, è trasformata attraverso l’esercizio della meditazione in energia vitale, detta ch’i. Nel Daodejing, Laozi descriveva le vere tecniche di respirazione che avevano lo scopo di aumentare la durata della vita di una persona. Questa è la prima testimonianza sopravvissuta sull’uso della respirazione per migliorare la circolazione del “ch’i” e la durata della vita. Saranno in seguito alcuni grandi taoisti a creare alcuni movimenti di difesa e in seguito a codificarli nello stile conosciuto con il nome di taijiquan.
Dal Daodejing, citiamo alcune massime di grande importanza per il nostro studio:
Il più cedevole nel mondo/Vince il più duro.
L’uomo nasce debole e delicato/Muore rigido e duro[…]/Così: rigido e robusto sono i modi della morte/Debole e flessibile sono i modi della vita.
La massima del buon combattente è:/Assecondare per mantenere l’iniziativa[…]/Vince colui che lascia.
Nel periodo della dinastia Zhou visse anche Sun Tzu, il più famoso teorico cinese dell’arte bellica e autore del trattato L’arte della guerra, i cui suggerimenti sono anche da applicare al combattimento singolo.
Si narra che nel periodo degli Stati Combattenti esistessero i leggendari otto immortali ubriachi del taoismo, cavalieri erranti mercenari, detti Yuxie. Lo storico Sima Qian, vissuto durante la dinastia Han, nel suo trattato storico, scrive che di queste persone, seppur mercenarie, erano decantate la sincerità e l’onestà. Le definiva persone degne di fiducia, che agivano con estrema decisione perché esperte di arti marziali. Le arti marziali asiatiche progredirono proprio grazie a queste figure eroiche. Sempre secondo Sima Qian, il Jiji era sviluppato in particolar modo nello stato di Qin i cui abitanti erano abilissimi nel combattimento corpo a corpo.
Il primo imperatore della Cina e la distruzione degli antichi testi
Nel 221 a.C. il principe di Ying Zheng (Handan, 260 a.C. – Shaqiu, 210 a.C.), si mise in armi contro gli Stati Combattenti, che vinse e unificò, formando un unico grande Stato e assumendo il nome di Qin Shi Huang, letteralmente “Primo Imperatore della dinastia Qin”, considerato il Primo Imperatore della Cina, poiché fu il primo sovrano storico a fregiarsi di tale titolo. La stessa parola “Cina” è fatta generalmente risalire a “Qin”.
Despota geniale e crudele, Qin Shi Huang instaurò una politica di assolutismo e centralismo monarchico, spazzando via ogni traccia di feudalesimo. Fece costruire l’imponente esercito di terracotta e fu l’iniziatore della Grande Muraglia, unificò i pesi, le misure, le monete e la scrittura. Nel 213 a.C., su consiglio di Li Si, influente primo ministro, allo scopo di eliminare ogni traccia della tradizione che potesse costituire una minaccia al suo mandato imperiale, attuò il rogo dei libri e sepoltura degli eruditi, politica che durò fino al 206 a.C.; furono bruciati tutti gli antichi testi, fatta eccezione per quelli di medicina, di agricoltura e di divinazione (Yijing). Nel rogo andarono senza dubbio distrutti anche i libri di arti marziali asiatiche e questo spiega forse la scarsità di notizie pervenuteci sull’argomento.
Il periodo delle arti marziali nella dinastia Han
A Qin Shi Huang succedette Liu Bang (247–195 a.C.), comunemente noto con il titolo onorifico di Gaozu, e fondatore della dinastia Han (206–220 d.C.), che modellò in modo quasi definitivo la cultura cinese. Nel periodo della dinastia Han fiorirono la pace e la cultura, e con esse si svilupparono notevolmente le arti marziali, diventate molto popolari e conosciute come Jiqiao, che significa “abilità e talento”, oppure Shou Bo, ossia “mano che colpisce a pugno”.
Le arti marziali durante questo periodo si svilupparono notevolmente, con nuovi stili che venivano continuamente perfezionati. Figure come Ban Gu, un famoso storico vissuto nel primo secolo d.C., hanno documentato le tecniche marziali e le strategie utilizzate in combattimento nella sua opera “Storia degli Han”.
La dinastia Han introdusse in Cina anche il Buddhismo Mahayana (70-50 a.C.), detto del “Grande Veicolo”. Nel 184 d.C. scoppiò una rivolta popolare, chiamata la rivolta dei “Turbanti Gialli” (nome derivante dal turbante giallo portato dal loro capo Zhang Jiao), guidata da una società segreta a sfondo taoista. Dopo alcuni anni, la rivolta fu repressa in modo crudele da alcuni capi militari, che lottarono poi a loro volta per il potere, spodestando la dinastia Han nel 220 d.C.
Le prime tecniche ispirate agli animali
Nel III secolo d.C. visse anche il famoso chirurgo taoista Hua Tuo (~140-208) che ideò un certo numero di esercizi ispirati a cinque animali: l’orso, il cervo, la scimmia, la gru e la tigre. Questi esercizi, benché modificati e perfezionati dai successivi innovatori, formano ancora la base dell’odierna ginnastica del KungFu. Essi potrebbero aver ispirato la divisione dei sistemi di combattimento in forme animali, attribuita al Tempio di Shaolin alcuni secoli più tardi, e presenti ancora oggi nella maggior parte degli stili di KungFu amalgamati a quelli di altri animali: serpente, topo, cavallo, mantide religiosa, drago, ecc.
La connessione tra le tecniche di combattimento e gli animali non si limitava solo agli aspetti fisici, ma comprendeva anche l’imitazione dei comportamenti e delle mentalità degli animali stessi. Ogni esercizio e forma di movimento non era solo un allenamento fisico, ma anche un metodo per sviluppare forza interiore, agilità e uno stato mentale armonioso. Ad esempio, l’imitazione della tigre mirava a sviluppare potenza e ferocia, mentre la gru simboleggiava equilibrio e grazia.
Hua Tuo affermava che la pratica regolare di questi esercizi, una forma di Weidan, che definiva “i giochi dei cinque animali”, avrebbe “… guarito le malattie, rafforzato le gambe e assicurato la salute”. Questo approccio olistico alla salute e al benessere rifletteva una profonda comprensione dell’interazione tra corpo, mente e spirito, che è ancora una pietra miliare nelle arti marziali tradizionali cinesi.
Guan Yu, eroe dei Tre Regni
Dopo la dinastia Han, il regno si frantumò in tre stati: Wei a nord, Wu a sud-est e Shu a ovest, che combatterono tra loro per il potere; questo periodo, compreso tra il 220 e il 280 d.C., prende il nome di Periodo dei Tre Regni. È forse il periodo più ricco d’imprese eroiche della storia cinese, durante il quale le arti marziali e la scienza militare in generale hanno avuto un incredibile sviluppo, ottenendo sostanziali perfezionamenti. Le gesta degli eroi correvano sulla bocca di tutti e tante volte era difficile distinguere mito e realtà.
Questo è anche il periodo di uno degli eroi popolari più famosi: Guan Yu (162-219). Le gesta di Guan Yu sono state rese famose dal Romanzo dei Tre Regni, scritto da Luo Guanzhong nel XIV secolo (1330-1400 circa), basato sul testo storico ufficiale del periodo dei Tre Regni: le Cronache dei Tre Regni, che coprono il periodo dal 189 al 280 d.C. e furono scritte da Chen Shou nel III secolo. Guan Yu maneggiava in maniera inimitabile l’alabarda, che da allora, in suo ricordo, si chiama Guan Dao ed è una delle armi fondamentali del KungFu Shaolin. Durante la dinastia Ming, fu addirittura divinizzato e considerato Dio della Guerra. In suo onore furono eretti numerosi templi.
Fondazione del Tempio di Shaolin
Passato il periodo dei Tre Regni, vi fu una breve riunificazione, ma subito dopo la Cina del Nord conobbe un periodo di invasioni barbariche che causò la sua frammentazione in piccoli stati e la separazione dalla Cina del Sud, che rimase invece uno stato unitario. Ciò portò la Cina nell’era che gli storici chiamano “Nord e Sud”, caratterizzata da un rinnovato fervore religioso buddhista, che vide la costruzione di molti templi e monasteri in tutto il paese.
Uno di questi templi fu il Tempio Shaolin-si, fondato nel 495 d.C. dal monaco indiano Batuo (Buddhabhadra). Questo tempio, situato ai piedi del versante settentrionale del monte Songshan, nel distretto di Dengfeng, nella provincia dello Henan, nei pressi dell’antica capitale Luoyang (a 600 km a sud di Pechino), divenne famoso col semplice nome di Tempio Shaolin (Shorinji in giapponese, Sorisma in coreano). Davanti al cancello principale del tempio scorre il fiume Shao-xi, mentre una foresta di altissimi pini secolari lo avvolge e lo protegge. Il nome del tempio significa “Tempio della Giovane Foresta” o “Tempio nella Fitta Foresta del Monte Shaoshi”, entrambe traduzioni corrette e comunemente usate.
L’imperatore Xiaowen della dinastia Wei settentrionale (386-557) fece costruire il tempio per ospitare Batuo, il quale si dedicò alla traduzione delle scritture buddhiste e alla predicazione delle dottrine a centinaia di suoi seguaci. Tra le scritture che tradusse vi sono il Sutra Avatamsaka, il Sutra del Nirvana, il Sutra Vimalakirti e altre ancora. Batuo istituì anche un sistema di formazione che includeva sia la pratica della meditazione sia la formazione fisica, ponendo le basi per l’integrazione delle arti marziali nella vita monastica.
Secondo lo Xugaosengzhuan redatto da Daoxuan (596-667), il monastero fu fondato dall’imperatore Xiaowen nel 496 sotto il nianhao Taihe, dopo aver spostato la capitale a Luoyang. Il tempio di Shaolin divenne un importante punto di contatto tra la pratica meditativa buddhista e le nascenti arti marziali, per le quali i monaci divennero famosi in tutta la Cina. Secondo molti maestri, la prima vera e propria arte marziale orientale fu quella praticata nel monastero, denominata Shaolinquan. Attualmente, i monaci sono noti per la loro abilità nelle arti marziali, che includono una vasta gamma di tecniche di combattimento a mani nude e con armi.
Nel 527, il tempio accolse un altro monaco indiano, Bodhidharma (Ta-Mo in cinese, Daruma in giapponese), ritenuto il fondatore del Buddhismo Chan. Si dice che Bodhidharma abbia attraversato il fiume Yangtze su una canna. Trascorse nove anni meditando in una grotta del Wuru Peak e iniziò la tradizione cinese Chan al Tempio Shaolin. Successivamente fu onorato come il primo patriarca del Buddhismo Chan. La sua influenza sul Tempio Shaolin non si limitò alla meditazione: introdusse anche una serie di esercizi fisici per rafforzare il corpo dei monaci, che formarono la base delle successive tecniche di Shaolinquan.