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Storia della caopeira

Dai quilombos alle prime academias

Premessa

La storia della capoeira, una delle più alte espressioni artistiche del Brasile, è molto complessa e difficile da tracciare per la mancanza di fonti scritte e l’incertezza tra gli studiosi, dovuta al fatto che dopo l’abolizione della schiavitù in Brasile, tutti i documenti legati a questa pratica furono fatti distruggere il 15 dicembre del 1890 dal Consigliere Ruy Barbosa mentre era al momento Ministro delle Finanze nel governo discrezionale del generale Déodoro da Fonseca, con l’intento di lasciare il minor numero d’informazioni possibili su questo periodo.
Indicare la capoeira come un’arte marziale Brasiliana, riesce solo parzialmente a definire la peculiarità di tale disciplina, una lotta che trae le sue origini dalle mescolanze di rituali di lotta e danza degli indios locali e delle tribù Africane catturate e deportate in Brasile dai Portoghesi attraverso le loro colonie.

La colonizzazione del Brasile e l'inizio della schiavitù

Pedro Alvares Cabral
Pedro Alvares Cabral (1467-1520)

Il 22 aprile 1500 Pedro Alvares Cabral sbarca in Brasile e, con lui, inizia così la storia del colonialismo portoghese. I colonizzatori per risolvere il problema di manodopera schiava cominciano a catturare africani (più robusti fisicamente degli indios autoctoni, decimati dalle malattie portate dai colonizzatori).
Durante il periodo del commercio degli schiavi si calcola che più di due milioni di persone furono deportate in Brasile dall’Africa.
Due furono i grandi gruppi di tribù africane arrivati in Brasile; identificati per ceppo linguistico, essi sono: sudanesi e bantu. I sudanesi provenivano principalmente dal golfo della Guinea, nell’Africa Occidentale. Quelli più importanti, sia per la maggior quantità, sia per la loro cultura, furono i Nago o Yoruba dalla Nigeria e i Gege (Ewe), dal Dahomey (oggi repubblica del Benin), che formarono in Brasile un ordine religioso negro chiamato Gege-Nago. I bantu venivano dal Congo, dall’Angola e dal Mozambico (Africa Orientale). La tendenza degli storici africanisti sembra quella di pensare che i primi negri che arrivarono in Brasile provenissero dall’Angola.

Gli schiavi, erano distribuiti sui tre principali porti brasiliani: Bahia, Recife e Rio de Janeiro per poi essere sfruttati in lavori massacranti nelle piantagioni (canna da zucchero, tabacco, caffè, ecc.) per molte ore al giorno, ritirandosi poi nelle “Sem-alas”, grandi e miseri dormitori sotterranei, bui e senza mura (sem = senza, ala = lato di muro) divisorie, vivendo in condizioni pessime.
È evidente che gli schiavi avessero come unica aspirazione quella di fuggire. Approfittando della confusione generata dagli olandesi che invasero il nord-est brasiliano nel 1630, migliaia di schiavi scapparono dalle fazende per nascondersi nella foresta vergine, riunendosi in villaggi che furono chiamati Quilombos, nome dato successivamente a questo tipo di comunità indipendenti.
Tuttavia non si deve pensare che solo i negri africani abitassero nei Quilombos, infatti, anche gli indios e persino alcuni europei che non erano d’accordo con le scelte politiche e sociali del regime di allora ne facevano parte.

Quilombo dos Palmares

A Recife un gruppo di quaranta schiavi si ribellò ai padroni, uccisero tutti coloro che non erano schiavi e bruciarono la fazenda; poi si dichiararono liberi e decisero di trovare un posto in cui potessero rimanere tranquilli al sicuro dai cacciatori di schiavi. Si diressero quindi verso le montagne della Serra da Barriga e intrapresero un viaggio che durò parecchi mesi e che sarebbe stato impossibile portare a termine se non fosse stato per l’aiuto degli amici indios. Riuscirono così a trovare un luogo ideale che a causa della grande abbondanza di palme fu chiamato Palmares.

La Serra da Barriga ospitò parecchi Quilombos, ma il più grande (con più di 20000 abitanti) e il più noto rimase sempre il primo: Palmares, fondato nel 1610 e probabilmente collocato nello Stato nordestino Alagoas, trasformatosi in fortino, rimase celebre per il valore dei suoi abitanti nelle lotte sostenute contro gli armati che volevano distruggerlo e divenne il simbolo della lotta degli schiavi contro i loro carnefici. In questo luogo nacque la prima comunità di neri liberi in Brasile.

Il villaggio di Palmares sopravvisse per più di ottant’anni resistendo all’incalzare dei portoghesi e degli olandesi; fu distrutto nel 1695 dopo un assedio di cinque anni e 9000 soldati impiegati. La storia del Quilombo dos Palmares è legata al personaggio di Zumbì (ultimo re di Palmares).

Zumbi dos Palmares, 1655-1695, leader dei Quilombo dos Palmares, eroe afro-brasiliano, Capoeira
Zumbi dos Palmares (1655-1695), leader dei Quilombo dos Palmares e figura eroica nella storia della Capoeira.

Zumbì in lingua Ewe/Fon vuol dire immortale, morto-vivo. Palmares e Zumbì diventarono non solo un simbolo per la razza nera, ma un simbolo brasiliano alla resistenza alla dominazione e di conseguenza dei capoeristi più tradizionali.

Secondo alcuni la capoeira, di cui già era nato l’embrione nelle fazendas, fu approfondita e sviluppata proprio a Palmares, dall’unione della cultura africana con quella degli indios locali.

Dei pochi documenti rimasti, i primi a parlare di capoeira, risalgono al 1624 e si tratta dei diari dei capi spedizione incaricati di catturare e riportare indietro gli schiavi neri che tentavano di scappare. Questi documenti descrivono uno strano modo di combattere degli schiavi che appariva di grande effetto ai capi spedizione europei: “Usando calci e testate come fossero veri animali indomabili”.

Il mito diffuso è che la capoeira fosse un modo per gli schiavi di allenarsi a combattere dissimulando, agli occhi dei carcerieri, la lotta con la danza, caratterizzata da elementi espressivi come la musica e l’armonia dei movimenti. Questo può essere vero solo per uno stadio molto primitivo del suo sviluppo, perché in realtà la pratica della capoeira dal 1814 fu vietata agli schiavi, assieme ad altre forme di espressione culturale, principalmente per impedirne l’aggregazione, anche se alcune fonti dicono che questa forma di arte marziale ha continuato a esistere e svilupparsi considerando che sia sopravvissuta fino ai nostri giorni.

La fine della schiavitù e l'evoluzione della Capoeira

Lei Áurea
Lettera originale della Lei Áurea

Nel 1822 il Brasile ottiene l’indipendenza dal Portogallo e diventa un impero, ma la schiavitù resta ancora in vigore per circa cinquanta anni, fino a quando, nel 1871, è decretata l’emancipazione dei nascituri figli degli schiavi. Con successivi interventi, la schiavitù è definitivamente abolita. L’ultimo di questi, chiamato “Lei Aurea” (legge d’oro) e promosso dalla Principessa Isabel, è datato 1888. L’anno successivo (1889) un colpo di stato militare segna la fine dell’Impero e instaura la repubblica.

Con l’abolizione della schiavitù, alcuni ex-schiavi ritornarono in Africa, ma la maggior parte di loro rimase in Brasile.
Questa massa di ex-schiavi si diresse dunque verso le grandi città; tuttavia non tutti riuscirono a trovare un lavoro e una casa (prima gli schiavi abitavano tutti insieme nelle Sem-alas all’interno della fazenda).

S’istallarono così nelle vicinanze delle città creando le prime bidonvilles e non ebbero modo d’integrarsi facilmente nel tessuto socio-economico.

Specie nelle grandi città, molti di loro si diedero al crimine per sopravvivere, facendo spesso ricorso alla capoeira negli scontri con altri delinquenti o con la polizia, infatti, le bande di capoeristi sono fronte di disordini e tumulti. La capoeira fu quindi presto associata alla malavita e alla delinquenza di strada, tanto da essere proibita a livello nazionale già dal 1892. La pratica della capoeira rimase clandestina (da questo deriva l’uso per ogni capoeirista di un apelido, un soprannome), spesso violenta e praticata solo nelle strade da individui malfamati, schedati appunto dalla polizia come capoeiristas.
Il capoeira (capoerista) si distingueva facilmente per il suo modo di vestire e per come si atteggiava. Melo Morais Junior descriveva così il capoeira di Rio de Janeiro: “Calzoni ampi, giacca a sacco sbottonata, camicia colorata, cravatta di panno con anello scorrevole, corpetto a fascia, scarpette a punta stretta, cappello di feltro. Il suo incedere è sciolto e oscillante e nella conversazione coi compagni o con gli estranei mantiene le distanze, quasi fosse sempre in posizione di difesa”. Il cappello di feltro poteva diventare, in assenza di armi, uno strumento di difesa (schiacciato longitudinalmente). I capoeiras si servivano anche di bastoni o di lametta da rasoi che trattenuta tra alluce e il primo dito, diventava un’arma pericolosissima.

Prima che s’incominciassero a formare le prime scuole (Academiàs), inizio XX secolo, i punti d’incontro dei capoeiras erano luoghi-rioni, dove gli scaricatori aspettavano un impiego. A Bahia quasi tutti gli schiavi dopo la liberazione, non gradendo il lavoro dei campi che già facevano, vivevano alla giornata (ganhadores).
Sembra che a loro appartenessero grandi capoeristi. Questi punti d’incontro si chiamavano “canto” – letteralmente angolo -, ogni cantos aveva un capo chiamato a Bahia “capitão” mentre a Recife i gruppi avevano il nome di “companhias” e il capo di “governador” (Kay Shaffer).

Le misure adottate dalla polizia fino al principio del secolo attuale per reprimerli si rivelarono impotenti e proprio quando la situazione diventava sempre più tesa, il Brasile entrò in guerra con il Paraguay (1865-1869) segnando la fine delle loro violenze: per eliminarli, infatti, il Governo di Bahia mandò a combattere un buon numero di capoeiras, molti per spontanea volontà e moltissimi altri costretti, ma la milizia nera inviata al fronte tornò vittoriosa e i suoi componenti diventarono eroi nazionali. La capoeira entrò in un’altra fase della sua storia.

Legalizzazione e nascita delle prime accademie (as academías)

Nel 1934 il presidente/dittatore Getúlio Vargas, legalizzò varie espressioni culturali afro-brasiliane fino ad allora proibite, come il candomblé e la capoeira, a condizione che fossero praticate in luoghi chiusi. Fino a questo momento era praticata come “danza folclorica” in luoghi nascosti, che molte volte coincidevano con i terreiros (luoghi dove era praticato il culto religioso dell’Umbanda e del Candomblé), dove i capoeristi facevano del loro meglio per mantenere viva la tradizione.

Quella di Getúlio Vargas era chiaramente una mossa per mettere sotto controllo ciò che, di fatto, avveniva in clandestinità. E’ indubbio però che, se questo evento costrinse la capoeira a venire a patti con il potere, le consentisse anche un’espansione senza precedenti.

Nel 1937, Manoel dos Reis Machado, conosciuto come Mestre Bimba (1899-1974), uno dei più importanti maestri di capoeira, ricevette un invito dal presidente per fare una dimostrazione nella capitale. Dopo il successo della presentazione tornò a casa, a Salvador de Bahia, con il permesso del governo per l’apertura della prima accademia ufficiale di capoeira in Brasile, in realtà già attiva clandestinamente almeno dal 1932.

Mestre Bimba il padre della Capoeira Regional
Mestre Bimba (1899-1974) il padre della Capoeira Regional

Era il primo passo verso uno sviluppo più aperto e finalmente lo sport ebbe il suo riscatto, e cominciò la sua lenta ascesa.

Mestre Bimba chiamò il proprio stile “Luta Regional Bahiana”, e anche quando usò in seguito il termine più semplice di capoeira Regional, sempre volle distinguere la sua disciplina da quella che lui chiamava “capuera pra turista ver”, che aveva a suo avviso perso tutte le caratteristiche marziali.

Mestre Pastinha, 1889-1981, fondatore della Capoeira Angola, arti marziali brasiliane
Mestre Pastinha (1889–1981), fondatore della prima scuola di Capoeira Angola, è stato una figura chiave nella tradizione delle arti marziali brasiliane.

Contemporaneamente a Mestre Bimba, numerosi altri capoeiristi come Waldemar, Canjiquinha, Cobrinha Verde, Leopoldinha cercano di organizzare la pratica e l’insegnamento della capoeira. In particolare Vicente Joaquim Ferreira Pastinha, noto come Mestre Pastinha (1889-1980), intraprende l’insegnamento della capoeira, sottolineandone il valore culturale e storico. Mestre Pastinha assume il ruolo di guardiano della capoeira tradizionale, che in opposizione a quella Regional di Mestre Bimba, prende il nome di capoeira Angola. Il suo Centro di Capoeira Angola aperto in largo do Pelourinho dal 1941 diviene così un importante punto di riferimento per la rivalutazione dell’eredità afro-brasiliana della capoeira.

A partire dagli anni ’50 si è sviluppata una tendenza “sportiva” della capoeira, basata su una sempre più rigida divisione in gruppi e academias. Sebbene si differenzi molto dall’originale arte di Mestre Bimba, questa capoeira ancora oggi è spesso chiamata Regional o contemporanea.

Come reazione a questo fenomeno dagli anni ’70 recupera popolarità la capoeira Angola. Sebbene si richiami in modo diretto e costante alla capoeira di Mestre Pastinha, anche questa “corrente” è protagonista di un’evoluzione pur nel costante riferimento alla tradizione.
Nel 1974 la capoeira è stata riconosciuta come sport nazionale brasiliano.

Malgrado il grande contributo dato a quello che è il secondo sport nazionale brasiliano dopo il calcio, Mestre Bimba morì in miseria il 5 febbraio 1974.

Mestre Pastinha per tutta la vita si mantenne con una serie di lavori anche umili, come il lustrascarpe. Fece il sarto, il sorvegliante in una casa da gioco e il lavoratore portuale, pur di poter continuare a essere fondamentalmente un angoleiro.
Con il peggiorare delle condizioni di salute la sua scuola finì in brutte acque. Fu colpito da un edema cerebrale nel 1979. Vecchio, malato e ormai quasi cieco, gli fu chiesto dalle autorità di abbandonare i locali affinché fossero sistemati. Ma gli spazi non gli furono mai restituiti. Giocò la sua ultima roda a 92 anni compiuti, il 12 aprile 1981 e morì pochi mesi dopo, abbandonato in un ospizio municipale.
I maestri suoi allievi a lui più legati e considerati i suoi diretti discendenti sono João Grande e João Pequeno.

La capoeira in Italia

Alla fine del 1979 Mestre Canela lascia il Brasile alla volta dell’Europa assieme a Mestre Zè-Maria e altri artisti dell’arte e cultura brasiliana. Nel 1980 girando per l’Europa non trova gruppi di capoeiristi e, per mantenere la forma e l’allenamento, decide di confrontarsi con le realtà delle arti marziali praticate nelle varie nazioni partecipando a incontri di karate, kung-fu e full-contact. Nel 1982, una volta stabilitosi a Viterbo, come buon auspicio alla divulgazione della capoeira in Italia, costituisce un gruppo al quale attribuisce lo stesso nome del suo primo gruppo fondato a Rio de Janeiro dieci anni prima: nasce così a Viterbo il gruppo di capoeira Mangangà.

Mestre Canela
Mestre Canela (1951-2022)

Conclusioni

Oggi la capoeira è praticata in tutto il mondo. In Brasile, essendo parte della cultura, la capoeira è entrata ovunque anche nelle scuole, università, club e accademie militari.
Il 26 Novembre 2014, la Roda di Capoeira è stata iscritta dall’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. L’Unesco ha riconosciuto nella capoeira una celebrazione che nasce dalla resistenza contro ogni forma di oppressione. La roda è uno spazio rituale che fornisce un senso di compagnia e d’identità di una comunità in continua espansione in Brasile e altrove. L’idea è quella che la capoeira deve diventare un mezzo di resistenza e promuovere il dialogo tra diverse etnie, classi sociali, e nazionalità.

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