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Storia delle Arti Marziali

Le origini e l'evoluzione

Le difficoltà della ricerca nelle arti marziali

Redigere un trattato sulla storia delle arti marziali e sulla loro evoluzione nel tempo è un’impresa complessa, considerando la scarsità di fonti storiche attendibili, soprattutto per quanto riguarda i primordi. Nei capitoli che seguono, cercheremo di fornire un quadro storico del vasto mondo delle arti marziali, tracciando una linea temporale degli eventi più significativi. Non abbiamo la pretesa di offrire una verità assoluta, poiché persino tra gli storici più autorevoli esistono molte discrepanze nei racconti e nelle date.

Chiediamo scusa per eventuali errori o imprecisioni, anche nelle traslitterazioni. Invitiamo chiunque desideri avviare una discussione a utilizzare lo spazio per i commenti in fondo a ogni pagina.

Dalle lotte primordiali alle arti marziali

20° secolo a.C. - Murales nella tomba 15 a Beni Hasan, raffigurante tecniche di lotta. - Storia delle Arti Marziali
20° secolo a.C. - Murales nella tomba 15 a Beni Hasan, raffigurante tecniche di lotta

La maggior parte delle informazioni tramandate sulla storia delle arti marziali sono state trasmesse oralmente attraverso le generazioni nelle varie scuole, rendendo difficile distinguere il vero dal leggendario o dalla fantasia.

Difendersi dagli animali feroci prima e sopravvivere in combattimenti corpo a corpo con altri uomini poi, sono state tra le prime necessità sentite dall’uomo. È quindi naturale pensare che dai primi colpi sferrati alla cieca dai nostri antenati cavernicoli, spinti dall’istinto di sopravvivenza, alle moderne e raffinate discipline marziali che conosciamo oggi, vi sia un filo conduttore fatto di sperimentazioni sul campo e studi teorici.

Possiamo realisticamente affermare che la prima volta che un uomo ha stretto le dita a pugno, rendendosi conto che un colpo inferto con una parte specifica del corpo poteva essere più efficace di un’altra, è stato il primo passo verso la codifica dei moderni stili marziali. Da questa consapevolezza a comprendere che non solo gli arti potevano essere usati come armi, ma che esistono punti del corpo più esposti al dolore dove è utile indirizzare colpi precisi, il passo è stato breve. Tuttavia, non ancora sufficiente.

Per parlare di arte marziale nel senso moderno del termine, ovvero come studio delle tecniche di difesa adeguate per ogni situazione, è necessario un ulteriore sforzo.

Prime tracce di forme di combattimento nella storia marziale

Le origini delle arti marziali si perdono nella notte dei tempi e sono oggetto di dibattito tra gli studiosi. Alcuni ritengono che le prime forme di combattimento stilizzato si siano sviluppate in Mesopotamia e abbiano raggiunto l’Oriente attraverso la Via della Seta. Questa ipotesi è supportata da graffiti e statuette babilonesi datate fra il 3000 e il 2000 a.C., che mostrano gestualità tipiche delle arti marziali. Un rilievo rappresenta un uomo con la mano nella caratteristica posizione di parata, mentre un altro mostra due uomini che lottano tenendosi per la cintura, una forma di combattimento simile al sumo, popolare ancora oggi in Giappone.

Tuttavia, ci sono anche prove di forme di combattimento in altre parti del mondo. Ad esempio, i murales nella tomba 15 a Beni Hasan, nell’antica città egizia di Menat Khufu, a circa 20 chilometri a sud della moderna Minya, datati intorno al 3400 a.C., rappresentano l’opera più antica che mostra qualche forma di lotta.

Rilievo in terracotta di due pugili della Mesopotamia
Rilievo in terracotta di due pugili della Mesopotamia, c. 2000 B.C.E. da Eshnunna

È difficile stabilire con certezza l’origine esatta delle arti marziali, poiché queste si sono sviluppate in modo indipendente in diverse parti del mondo e si sono influenzate reciprocamente attraverso lo scambio culturale. In Europa, le prime tradizioni di arti marziali risalgono all’antica Grecia, con la boxe (pygme, pyx), la lotta (pale) e il pankration nei Giochi Olimpici Antichi. I Romani produssero il combattimento gladiatorio come spettacolo pubblico. In Africa, le arti marziali più antiche conosciute risalgono all’inizio della civiltà africana. In Medio Oriente, in Iran (quando era Persia), la lotta era una competenza attesa dai guerrieri persiani.

Origini del termine "arti marziali" e la loro storia

Il termine arte marziale, derivato dal latino, significa letteralmente “arte di Marte” (il mitologico Dio romano della guerra). È entrato nell’uso comune agli inizi degli anni sessanta con l’introduzione in Occidente delle arti marziali orientali, ed è spesso associato a queste, in particolare alle arti marziali cinesi, giapponesi e coreane.

Il termine wushu in lingua cinese

Hànzì per wushu, rappresentazione delle arti marziali cinesi - Storia delle arti marziali.
Hànzì per wushu, rappresentazione delle arti marziali cinesi

In lingua cinese, il termine wushu è composto da “wu”, che indica l’aggettivo “militare” e possiede connotazioni di “marziale, valoroso e fiero”, e “shu”, traducibile come “arte, perizia, abilità, tecnica” (vedi: Storia delle Arti Marziali Cinesi). L’esatta interpretazione della parola wushu è dunque “arte marziale”. Il termine wushu fece la sua prima apparizione nell’opera “Zhao Ming Taizi Wenxuan” (“Raccolta di scritti dell’illustre erede legittimo”) di Xiao Tong, vissuto dal 501 al 531 d.C., presso la corte di Nanjing, un centro di arte e cultura fiorito grazie all’imperatore Liang Wu Di.

La rivalutazione del termine wushu avvenne nel 1911. L’ultima dinastia imperiale crollò e sorse la Repubblica Cinese. Durante il 1926, con l’ascesa politica del partito nazionalista Guomindang, fu fondata la Scuola Centrale di Nanjing. Questa istituzione rielaborò le arti marziali tradizionali, definendole con il termine Zhongguo Wushu, abbreviato in Guoshu (“Arte Nazionale”).

Il termine kungfu e la sua diffusione

Per i cinesi, la pratica del wushu è una tradizione millenaria, mentre nel resto del mondo, e in particolare in Italia, è arrivata alla metà degli anni ’70 con la diffusione delle opere cinematografiche di Hong Kong, soprattutto quelle basate sulle prestazioni marziali di Li Xiaolong (Bruce Lee). Nonostante ciò, l’uso del termine wushu non è uniformemente diffuso a livello globale, spesso sostituito da altri nomi come kung fu, guoshu, gong fu, quan fa, ecc., creando confusione per chi è nuovo alla disciplina.

Kungfu, traslitterazione anglosassone del termine cinese gongfu, significa letteralmente “abilità acquisita con la fatica” e può indicare semplicemente “tempo da impiegare in qualche attività” per un cinese. Sebbene in Occidente il termine kungfu sia comunemente usato per indicare le arti marziali cinesi, sarebbe forse più corretto utilizzare la forma completa “wushu kungfu”.

Hanzi Kung Fu, caratteri cinesi, arti marziali cinesi
Hànzì per kungfu

Bujutsu e Budo in Giappone

Kanji per Budo, rappresentazione delle arti marziali giapponesi
Kanji per Budo, che rappresenta le arti marziali giapponesi.

Bujutsu è invece la denominazione giapponese di un insieme di sistemi di combattimento trasmessi fin dall’epoca feudale giapponese. Il termine indica collettivamente le arti marziali disarmate o armate che, almeno fino al 1868 (restaurazione Meiji), erano competenza specifica della classe militare (Buke) il cui esponente tipico fu il Bushi o Samurai.

Bujutsu si compone dei kanji di “guerriero” e “tecnica”, e significa letteralmente “tecniche del guerriero”, intese come un insieme di mosse da impiegare in combattimento, con un significato puramente pratico. Una variante più classica del termine è Bugei, che significa “arti marziali” o “arti del guerriero”. Il Bujutsu antico (koryu) va distinto dal Budo contemporaneo, una rielaborazione basata su sistemi educativi più moderni (gendai), ponendo l’accento sull’aspetto filosofico, etico e morale, oltre che sulle tecniche di lotta. Budo si compone dei kanji di “guerriero” e “Via, strada”, traducendosi letteralmente come “Via del guerriero” (vedi: Storia delle Arti Marziali Giapponesi).

Differenze fra arti marziali e sport da combattimento

Nell’esaminare la storia delle arti marziali, è necessario distinguere queste discipline dai vari sport da combattimento come il pugilato, la savate, il full-contact e simili. La differenza principale risiede nel fatto che, a differenza degli sport da combattimento, nelle arti marziali la lotta non è fine a se stessa, ma fa parte di un sistema più vasto che integra combattimento, filosofia e religione.

L’obiettivo dei praticanti non è solo quello di vincere la resistenza dell’avversario, ma anche di andare oltre l’abilità nel combattimento, includendo l’accrescimento delle capacità fisiche, mentali e spirituali. Questo avviene attraverso un’analisi del proprio io per poter vivere in armonia con l’universo, trasformando la pratica marziale in un metodo per rafforzare sia il fisico che la psiche tramite esercizi strettamente collegati alla medicina orientale. Non ultima, è una pratica sportiva in grado di sviluppare le migliori qualità dell’uomo: coraggio, determinazione, coordinamento e socialità.

I princìpi delle arti marziali

I princìpi base nella storia delle arti marziali non oppongono mai la forza alla forza, ma sfruttano agilità e precisione.
Elaborare un sistema, seppure rudimentale, di tecniche di lotta o di percossa non significa aver compreso il vero significato delle arti marziali. Un uomo grande e muscoloso poteva sempre prevalere su un individuo meno dotato fisicamente o su una donna. Lo studio delle tecniche da combattimento nasce, come detto, dalla necessità di uscire da situazioni di pericolo.
È logico aspettarsi che fossero proprio i deboli e le donne i primi a voler imparare una tecnica precisa per difendersi dagli attacchi rozzi di altri esseri umani, spinti dalla volontà di sopraffare piuttosto che difendersi.

La storia dimostra il fondamento di questa intuizione. Ad esempio, il wing chun, uno degli stili più efficaci per la difesa personale, fu ideato da una donna, e il jujutsu sembra essere stato codificato da un medico che osservava la cedevolezza dei rami di un salice sotto il peso della neve (vedi: la leggenda del salice). Il principio base di tutte le arti marziali è quello di non opporre mai la forza alla forza, ma di sfruttare doti come agilità e precisione, tipiche di individui meno dotati di potenza muscolare, ma capaci di utilizzare l’intelligenza per sopravvivere.

Così nasce la leggenda del debole che batte il forte, di Davide che, con un unico colpo di fionda, abbatte il gigante Golia. Questo è l’elemento fondamentale dello studio delle arti marziali: la ricerca della tecnica più efficace anche nelle mani di un essere apparentemente indifeso.

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